Il ricollocamento attivo è, insieme alla reindustrializzazione (di cui abbiamo parlato nel dettaglio in un articolo dedicato) un altro importante strumento utilizzato da Sernet nell’accompagnare le aziende che si trovano a gestire chiusure di impianti produttivi o ristrutturazioni, sperimentato con risultati molto positivi anche nei momenti più bui della crisi degli ultimi 12 anni.
La reindustrializzazione da sola infatti nella maggioranza dei casi non è sufficiente a garantire la massimizzazione occupazionale dei lavoratori coinvolti in ristrutturazioni o chiusure di siti produttivi.
In passato si usava ‘semplicemente’ trovare accordi con le parti sociali pagando buone uscite ai dipendenti, utilizzando ammortizzatori come la Cassa Integrazione e la NASPI oppure percorsi di prepensionamento, approccio che ad oggi non è più accettato dalla Pubblica Amministrazione locale e dal governo centrale, oltre che dai sindacati. In Sernet crediamo inoltre che il lavoro abbia un valore molto più grande di un semplice (seppur consistente) risarcimento economico e che dunque è necessario lavorare a soluzioni finalizzate a ripristinare i posti di lavoro.
Il primo passo fondamentale dunque è condividere con l’azienda che si ritrova a dover chiudere o che ha deciso di ristrutturarsi l’approccio di Responsabilità Sociale su cui Sernet si basa. Insieme poi si costruisce un Piano di Mitigazione Sociale finalizzato a massimizzare la continuità occupazionale dei lavoratori.
Cosa si intende per ricollocamento attivo
Il ricollocamento attivo è il lavoro di ricerca capillare di opportunità a lungo termine coerenti con i profili coinvolti, condotto da Sernet in collaborazione con gli altri stakeholder locali (enti pubblici, associazioni di imprese, agenzie per il lavoro e anche le stesse organizzazioni sindacali) nella zona di riferimento, dove aziende del territorio assumono a condizioni incentivate parte dei lavoratori.
È un approccio innovativo, da non confondere con l’outplacement tradizionale. Se infatti il percorso di ricollocamento attivo è focalizzato principalmente sulla ricerca attiva di opportunità di lavoro sul territorio di riferimento, tendenzialmente a tempo indeterminato, coerenti con i profili coinvolti che hanno aderito al percorso, l’outplacement è più focalizzato sul lavoratore, al quale vengono forniti gli strumenti per riuscire a proporre al meglio se stesso (curriculum vitae, utilizzo di social network e siti web per rispondere a candidature e modalità di gestione di un colloquio di lavoro).
Sono approcci differenti ma che possiamo considerare complementari e che laddove coesistono, se gestiti da un’unica regia si riesce a massimizzare il risultato di ricollocazione.
Quali sono le fasi del ricollocamento attivo?
Così come per i progetti di reindustrializzazione, possiamo individuare due fasi principali: la prima di definizione ed elaborazione del piano sociale, la seconda di implementazione dello stesso.
Il primo step, quello di design del piano sociale, è una fase preliminare in cui Sernet individua le possibili alternative alla chiusura o gestione degli esuberi. Vengono definiti tutti gli scenari possibili per gestire la crisi e fare efficienza e, nel caso in cui l’unica ragionevole alternativa è la chiusura, si progetta un piano di mitigazione sociale. Si individuano gli strumenti, gli incentivi, le tempistiche etc…e si assiste l’azienda, accanto ai legali giuslavoristi, nella negoziazione con i sindacati per un possibile accordo.
Si passa poi alla seconda fase, cioè all’implementazione del piano sociale. In relazione alle attività di ricollocamento attivo, nello specifico, entriamo in contatto con i lavoratori, parliamo con loro ad uno ad uno, gestiamo operativamente il piano di continuità occupazionale sotto tutti gli aspetti. Usiamo tutti i canali di contatto e gli strumenti a disposizione. Supportiamo l’azienda interessata ad assumere il lavoratore per l’ottenimento degli incentivi e, allo stesso tempo, il lavoratore eventualmente interessato ad intraprendere un’attività autonoma.
Periodicamente, in ottica di trasparenza verso tutti gli stakeholders coinvolti nel progetto (azienda, sindacati, istituzioni, lavoratori) vengono fissati, spesso anche prevedendoli nell’Accordo Sindacale, incontri di monitoraggio, anche presso la sede del Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE), al fine di condividere il lavoro svolto e i risultati raggiunti e stabilire un dialogo continuo con tutte le parti interessate.
1. Il colloquio con i lavoratori
L’adesione dei lavoratori al Programma di Continuità Occupazionale è volontaria a avviene dopo un incontro preliminare con Sernet in cui vengono espostii possibili scenari di ricollocazione a seguito di quanto previsto dall’accordo sindacale, il percorso di ricollocamento attivo e condivise le difficoltà/punti di forza del mercato di riferimento e gli incentivi alla ricollocazione.
La chiarezza del messaggio è fondamentale soprattutto in questa fase per non creare false aspettative nel singolo ed avere, allo stesso tempo, una proficua collaborazione ed un approccio proattivo.
2. La ricerca attiva
Come si arriva alla ricerca di una nuova offerta di lavoro?
Si incontrano i lavoratori singolarmente, per conoscerne competenze (hard e soft skills), attitudini, anni di esperienza nel ruolo/mansione per poi ricercare delle opportunità coerenti con il profilo delineato, con un livello di personalizzazione che possiamo definire sartoriale. Per questo si parla di ricollocamento attivo, proprio per l’attività di ricerca attiva in capo a Sernet, di una nuova opportunità di lavoro tendenzialmente a tempo indeterminato, in ottica di garanzia di continuità occupazionale. È evidente che lo scouting di offerte di lavoro da solo non sempre è sufficiente, per cui è altrettanto importante la motivazione della persona nel cogliere le nuove opportunità di lavoro e al contempo un approccio proattivo nella ricerca.
Gli incontri individuali sono fondamentali sia perché spesso i lavoratori non hanno un curriculum professionale per via dell’alta seniority aziendale sia perché i curricula spesso non lasciano emergere le soft skills. Non è raro incontrare lavoratori che desiderano fare delle loro passioni un lavoro. In questo caso si aiuta il lavoratore a valutare la fattibilità di un eventuale investimento in questa direzione, evidenziandone rischi e benefici. In altre occasioni è capitato di evidenziare i “gap” tra le competenze del lavoratore e quelle richieste dalle aziende interessate ad assumere e, di conseguenza, ricercato e condiviso percorsi di riqualificazione professionali ad hoc.
Come si va sul territorio? Come si crea il contatto con l’azienda che propone la posizione di lavoro in linea con le caratteristiche del lavoratore? Prima di tutto si individuano i sistemi di incentivazione nell’ambito delle politiche attive del lavoro, locali regionali e nazionali, che vanno ad aggiungersi a quelli previsti dall’azienda.
Come avviene la ricerca delle aziende
Attraverso il networking, contatti diretti e indiretti, partnership sul territorio, associazioni di categoria, relazioni con istituzioni, scouting di annunci di lavoro, agenzie per il lavoro, ecc.: tutti gli stakeholder diventano parte attiva del progetto.
Viene circolarizzato un booklet informativo che racchiude le informazioni di sintesi relative al progetto, le opportunità per l’azienda che assume, un quadro della forza lavoro. Il passaggio successivo è raccogliere le eventuali esigenze di assunzione dell’azienda ed individuare il/i profilo/i più idonei da proporre e gestire conseguentemente il rapporto con azienda e preparazione del lavoratore ad eventuale colloquio conoscitivo.
Cosa sono le politiche attive
Sono iniziative, misure, programmi ed incentivi volti a favorire l’inserimento o il reinserimento nel mondo del lavoro.
A livello nazionale sono previsti per esempio contributi per l’assunzione di donne, di lavoratori entro o oltre una soglia d’età oppure di lavoratori in mobilità (attuale NASpI). A livello regionale/locale diverse sono le misure per incrementare assunzioni in determinate aree ad esempio individuate come aree di crisi, a favore di percorsi di riqualificazione professionale oppure in sostegno dell’autoimprenditorialità o di start up.
3. La riqualificazione professionale
Spesso sin dall’attività di scouting di opportunità di lavoro sul territorio emergono i primi scostamenti tra le competenze richieste dal mercato per singolo ruolo/mansione e le competenze dei profili che hanno aderito al Programma di Continuità Occupazionale (PCO). Altre volte, tali gap formativi invece emergono (o vengono evidenziati dall’azienda) solo in un momento successivo: a seguito dell’incontro conoscitivo con il lavoratore.
A questo punto si rilevano i gap che è necessario colmare e, grazie al continuo scambio di informazioni con le istituzioni locali ed enti preposti alla formazione, si progettano insieme dei percorsi di riqualificazione professionale ad hoc, cui è possibile accedere attraverso fondi pubblici o interprofessionali dedicati (es. Fondimpresa) al fine di facilitare il reinserimento nel mondo del lavoro.
4. La gestione del matching
Sernet mette a disposizione dei lavoratori per singolo progetto un’area web riservata attraverso la quale il lavoratore può visualizzare le offerte di lavoro attive e procedere con la propria candidatura. Qualora l’azienda sia interessata ad approfondire, si prepara il lavoratore al colloquio di selezione soprattutto in virtù delle informazioni che arrivano dalla conoscenza diretta con l’azienda.
5. Il feedback e l’inserimento in azienda
Una volta affrontato il colloquio, si raccolgono i feedback dall’azienda e di conseguenza si informa il lavoratore. In caso di feedback positivo si supporta l’azienda per i successivi passi anche in relazione al sistema di incentivi (iter per richiedere contributi per assunzione da NASpI per esempio), in caso di feedback negativo si coglie l’occasione per analizzare insieme al lavoratore le motivazioni.
Un approccio socialmente responsabile
Ciò che distingue l’approccio di Sernet nei progetti di reindustrializzazione e ricollocamento attivo del personale è l’approccio definito socialmente responsabile, cioè mirato a garantire la continuità occupazionale delle persone coinvolte.
La continuità lavorativa, il lavoro, hanno un valore di gran lunga superiore alla buona uscita dell’azienda e spesso ci è capitato di assistere a scelte del lavoratore orientate maggiormente a massimizzare l’incentivo economico a scapito anche della continuità occupazionale, confidando in una ricerca in autonomia anche in contesti oggettivamente difficili. Proprio per questo, l’impegno condiviso con l’azienda cliente, è di definire a monte un Piano di Mitigazione Sociale che preveda misure che non inducano il lavoratore a monetizzare la ricollocazione professionale, che viceversa genererebbero un impatto sociale negativo dopo qualche anno, di dimensioni superiori e con importanti ripercussioni su tutta l’economia del territorio.